Uno studente chiede:
Nella garanzia alla pace perpetua Kant dice che dal corso meccanico della natura riluce la finalità di far emergere la concordia anche contro la volontà degli uomini. Definisce la natura come governata da leggi meccaniche e se vogliamo rimanere nei limiti umani non possiamo parlare di cose che trascendono l'esperienza. Quindi non puoi parlare dell'esistenza di un destino e di una provvidenza senza trascendere i limiti dell'esperienza umana. Ma arrivati a questo punto risulta che la natura non ha una finalità e non si muove verso uno scopo. Kant però dice che la garanzia della pace perpetua è data dalla natura stessa, quindi la natura tende a portare gli uomini verso la pace perpetua come scopo finale. Quindi le leggi meccaniche della natura danno come esito la pace perpetua. Noi però avendo il giudizio teleologico interpretiamo questo percorso delle leggi meccaniche che danno come risultato la pace perpetua, vedendo questo processo come diretto ad un fine. Semplificando non esiste un fine ma conseguenze (che il giudizio teleologico vuol trasformare in fini) è questa l'interpretazione corretta?
"Esiste" è una parola grossa: il nostro intelletto, essendo incapace di intuizione, può spiegare il mondo solo incasellando i dati dell'esperienza in leggi deterministiche. Il Giudizio riflettente avverte il bisogno di andare oltre le leggi meccaniche, interrogandosi sulla teleologia: anche in questo caso, il fine è una costruzione dell'osservatore, insoddisfatto di una spiegazione esclusivamente meccanica. Sapere, per esempio, come "funziona" un orologio non ci aiuta a capire a che cosa serve. Ciò non toglie, però, che per un intelletto diverso - come quello divino, dotato di intuizione - le nostre categorie possano essere prive di significato (si veda la nota 353).
Fatta questa precisazione, la sua sintesi è nel resto corretta. Mentre le leggi meccaniche possono essere provate tramite esperimenti ripetibili, la teleologia è frutto solo di una congettura soggettiva. In altre parole: quando non vogliamo semplicemente spiegare il mondo, bensì comprenderne il senso, interpretiamo - tramite il Giudizio riflettente - le conseguenze come dei fini.